Tastiera: le origini della QWERTY

Un po’ di storia e varianti linguistiche

Photo by Glenn Carstens-Peters on Unsplash

Credo che uno scrittore, in quanto tale, debba conoscere al meglio il suo strumento di lavoro principale: la tastiera. Per questo motivo ho deciso di avviare una breve rubrica riguardante il suo utilizzo legato alla tipografia; non tanto per insegnarti a scrivere senza guardare i tasti, ma per farti scoprire le possibilità che ti offre.

Abbandonati i tempi della semplificazione in cui le macchine per scrivere avevano ridotto all’osso il numero di segni riproducibili (senza contare le prime codifiche di caratteri), grazie all’evoluzione del desktop publishing e allo sviluppo di codifiche sempre più complesse, ora siamo in grado di riprodurre la ricchezza che da sempre ha contraddistinto il catalogo dei segni tipografici a nostra disposizione. Ed è un vero peccato che tale materia sia praticamente inesistente nei programmi scolastici.

«Be’, senti,» mi dirai, «io voglio solo scrivere. ‘Ste pippe da correttore di bozze/editor/copywriter le lascio volentieri a chi di competenza.»
Hai ragione, massimo rispetto per le professioni, ma pensa solo a quando scrivi sui social: quante volte hai visto accenti sbagliati, apostrofi inseriti ad cazzium e punteggiature degne di un bonobo?
Se la tua risposta è «Non c’ho fatto caso», allora sappi che questi articoli sono dedicati a te. La tua pagina di word e i tuoi post sui social, per come la vedo io, meritano lo stesso rispetto e cura che ci mettono i professionisti del settore; e di certo questi articoli non lasceranno un correttore di bozze/editor/copywriter senza lavoro (dio solo sa quanto ce ne sia bisogno).

Usare la giusta punteggiatura è una forma di rispetto: dona forma e senso a ciò che scrivi, in quanto aiuta il lettore a districarsi tra le parole.
Se sono riuscito a convincerti, mettiti comodo. In questo e nei prossimi articoli voglio regalarti qualche semplice nozione per evitare di trattare i testi come carta igienica.
Il primo passo, come avrai già intuito, riguarda la storia della tastiera e la disposizione dei caratteri.

Le origini

È il primo marzo 1873, e Christopher Sholes e soci firmano un contratto con la Remington per la fornitura di mille macchine per scrivere. L’anno seguente, la Remington No. 1 diventa la prima macchina per scrivere di successo commerciale.

C’è da dire che Sholes e soci erano già conosciuti nell’industria delle macchine per scrivere. Già nel 1868, infatti, ne avevano prodotto un primo modello in cui i tasti erano disposti secondo l’ordine alfabetico. Tale scelta, però, rendeva molto lenta la scrittura, un grande handicap considerato il target di riferimento: è interessante sapere, infatti, che le macchine per scrivere non furono inventate per gli scrittori o i giornalisti, bensì per i telegrafisti, i quali dovevano tradurre in maniera meccanica lunghe sequenze di codice Morse. E fu proprio pensando ai telegrafisti e alla somiglianza di alcune corrispondenze tra lettere e codice che nacque lo schema QWERTY.
Questa è la conclusione alla quale sono giunti due ricercatori giapponesi – Koichi e Motoko Yasouka – trovatisi a investigare sulle cause che determinarono l’introduzione della disposizione QWERTY. Un altro motivo individuato, come è facile immaginare, è l’esigenza di aggirare altri brevetti così da azzerare la concorrenza.

Senza contare le differenze di simboli presenti nelle varianti linguistiche presenti sul mercato, lo schema QWERTY si è subito imposto come grande esempio di standardizzazione. Lo testimonia il tentativo di introduzione del Dvorak (brevettato nel 1937), schema pensato per aumentare ulteriormente la velocità di battitura, ma che dovette lasciare il passo alla QWERTY dato che quest’ultimo era in uso da quasi 60 anni.

Varianti linguistiche

Non tutte le tastiere sono uguali. Anche solo girando per l’Europa, si possono notare alcune varianti nate dall’esigenza di adattare lo standard al numero di ricorrenze di alcune lettere in una determinata lingua.
Un primo esempio è senz’altro la QWERTZ tedesca, nella quale Y e Z sono scambiate di posizione. In tedesco, infatti, la Z è più ricorrente della Y.
In Italia, ai tempi delle macchine per scrivere, era presente la tastiera QZERTY, per il semplice motivo che la W non era molto utilizzata. Inoltre, la M si trovava a destra della L (mentre, normalmente, è a destra della N).
In Francia, invece, si usa tuttora lo schema AZERTY, mantenendo la M a destra della L.

Dando un veloce sguardo alle serigrafie presenti sui tasti, noterai che nelle varianti linguistiche cambiano i simboli presenti. Anche in questo caso, come è facile concludere, si deve tutto alla ricorrenza di un dato segno.

«Molto interessante, ma perché hai scritto questo articolo?»
Dato il sempre maggior numero di acquisti online, non è banale riuscire a individuare la tastiera giusta. Un consiglio: controlla sempre l’indicazione di layout. Se sei abituato alla tastiera italiana, allora dovrai cercare le QWERTY IT (o layout IT). E, anche nel caso venisse indicato, controlla sempre le immagini del prodotto, soprattutto nel caso in cui tu abbia bisogno di una tastiera per tablet. Confronta le lettere, certo, ma anche i simboli che le circondano, così da non comprare tastiere inutilizzabili secondo le tue abitudini.

E.


Se davvero hai voglia di scrivere, niente ti sarà d’impedimento. E forse potresti apprezzare questo mio vecchio articolo: 6 consigli per diventare uno scrittore.

Nella categoria Scrittura trovi tutti i miei consigli.

One thought on “Tastiera: le origini della QWERTY

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