Questa sarà la campagna elettorale più ridicola della storia

campagna elettorale 2022, parlamento, comunicazione, politica

Non è passata nemmeno una settimana dalla caduta ufficiale del governo Draghi, che già la realtà di questo titolo si è palesata in tutta la sua pesantezza. Se devo fargli le pulci, trovo appropriato correggere il tempo verbale: questa è già la campagna elettorale più ridicola della storia, e non serve aspettare il 25 settembre per decretarlo.

Investiti da un tam-tam segno del fatto che gli addetti alla comunicazione aspettavano solo il segnale per liberare le gabbie, i profili social di partito e dei vari leader sono già un coacervo di citazioni, meme, accuse, autoassoluzioni e vittimismo; il tutto, infine, condito da quel classico becerume che tanto piace all’Italia, il Paese in cui le accezioni ‘politica’, ‘talk-show’, ‘gossip’, ‘ingovernabilità’, ‘baggianate’ e ‘analfabetismo’ sono le facce dello stesso dado.

Con l’intento di mantenere un approccio quanto più possibile super partes, in questo articolo ti farò qualche esempio di ciò che ti aspetta fino al 25 settembre. I contenuti a cui faccio riferimento sono tutti estratti di dichiarazioni o post presenti sui social dei protagonisti della nostra politica.
Prima di continuare, voglio fare una premessa parlando di uno dei ritornelli che ammorbano questi ultimi anni: il fatto che in Italia non si voti più.

Scioglimento delle Camere ed elezioni anticipate

Cito Wikipedia (voce: Parlamento italiano): «In seguito alla legge costituzionale n. 2 del 1963, entrambe le Camere sono elette per un mandato di cinque anni (periodo denominato con il termine ‘legislatura’), e non possono essere prorogate se non in caso di guerra. Possono invece essere anticipatamente sciolte dal presidente della Repubblica (ma non negli ultimi sei mesi del suo mandato, a meno che questi non coincidano – in tutto o in parte – con gli ultimi sei mesi della legislatura), sentiti i rispettivi presidenti (la prassi sviluppatasi vede lo scioglimento come uno strumento da utilizzarsi solo ove non sia possibile instaurare un rapporto fiduciario tra il parlamento e il governo).»

Ho voluto citare questa voce perché sono stanco di continuare a sentire la gente lamentarsi del fatto che non si vota più nonostante i governi continuino a cadere. In breve: se il governo cade e il presidente della Repubblica appura che è possibile formare una maggioranza che possa mandare avanti la legislatura, non si va al voto; la percentuale di seggi rimarrà quella decisa al voto, ma con equilibri di potere diversi. In caso di situazione irrecuperabile, come è successo la settimana scorsa, si possono indire le elezioni anticipate. Per maggiori informazioni, comunque, ti consiglio di consultare questa pagina.

Leggendo la storia di questa legislatura, quindi, non sorprende capire il motivo per cui non abbiamo votato. Fin quando il governo Draghi è riuscito a reggere, infatti, si è sempre riusciti ad avere una maggioranza utile.
Con questo ritengo chiuso il discorso e passo al vero centro di questo articolo: il dramma comunicativo che ci aspetta da qui al 25 settembre.

Lega e Fratelli d’Italia

I protagonisti e principali fautori della crisi di governo che ci porterà alle elezioni anticipate sono proprio loro: i due maggiori partiti di centro-destra, ché poi di moderato hanno poco o nulla. Non tralascio il Movimento 5 Stelle, anzi di loro mi occuperò più avanti. Di Forza Italia, invece, non voglio dire niente per carità cristiana.

La Lega di Salvini, inizialmente devota al governo Draghi per averle concesso di entrare nella maggioranza, stando ai sondaggi si trova in carenza di voti. Cosa fare, allora? Ricominciamo con la comunicazione massiva e contraddistinta dal tono tipico di una sagra di paese. La Lega è una certezza: è casereccia e nostrana come solo una salamella bella unta sa essere, come del resto il suo leader.

In questo estratto del comizio fatto da Matteo Salvini il 23 luglio 2022 alla festa della Lega di Domodossola, si evidenzia la genuinità di un leader che si fa la barba, indossa i pantaloni corti, mangia la salsiccia e suda, mica come i professoroni del Partito Democratico. Di seguito, l’estratto in formato testo: «Mi faccio la barba, c’ho le braghe corte, mangio la salsiccia e sudo. E vabbè. Son mica come quelli del PD che non sudano mai. Evidentemente perché hanno un sangue particolare che non scorre nelle vene. Pensandoci, io Enrico Letta sudato non l’ho mai visto. Evidentemente ha una cultura maggiore. Insegnava a Parigi e spero che torni presto a insegnare a Parigi perché la Francia non può privarsi di un contenuto intellettuale così importante».
Come se non bastasse il grado di infimità raggiunto, il leader della Lega tocca anche uno degli argomenti più in voga in questi ultimi anni nell’ambiente di destra: la scuola e il gender. A quanto pare, infatti, in una scuola elementare non ben definita, gli insegnanti farebbero l’appello per cognome così da non offendere i “bambini fluidi” (qui trovi l’estratto). Ho dovuto ascoltarlo più di una volta prima di crederci, ma tant’è. Secondo Matteo Salvini, quindi, anche l’appello di inizio lezione è stato infettato da questa strana creatura che è la “teoria gender”, spauracchio di chi vuole dare un nuovo nome all’omofobia da cui è affetto urlando la propria volontà di difendere i bambini.
Ammetto di non aver ascoltato il discorso integrale, ma questi due estratti bastano e avanzano. Già me lo immagino: è colpa del PD, noi faremo questo, noi faremo quell’altro, sbarchi di immigrati, elenchi a non finire e tutti gli argomenti che hanno sempre contraddistinto la comunicazione politica di un leader che tentò di far cadere il governo di cui era ministro dell’Interno perché convinto di ottenere le elezioni anticipate in cui sarebbe stato vincitore assoluto (bene ricordarlo). Giudizio: incommentabile.

Fratelli d’Italia, invece, è il patriottismo in tutto il suo tricolore. I messaggi lanciati sono gli stessi della Lega, ma confezionati in chiave più istituzionale; semmai a essere casereccia è proprio Giorgia Meloni, ma questo è un altro discorso. Una formula che funziona a tal punto da essere prima nei sondaggi.
Quello di Giorgia Meloni è un messaggio irrevocabile, categorico e impegnativo per tutti, un po’ come la parola (‘vincere’) di mussoliniana memoria. Ed è proprio questa la tradizione a cui fa riferimento Fratelli d’Italia; e sebbene questo non sia un mistero, è sempre bene ribadirlo. Il programma è un insieme di idee buttate un po’ a caso con una buona dose di colpevolizzazione dell’avversario, il tutto enunciato con l’orgoglio di cui solo i “veri patrioti” sono capaci. ‘Porti chiusi’ e ‘sovranità’ sono solo un altro modo di dire ‘autarchia’ e fare riferimento a tutte le politiche di isolamento che ciclicamente tornano di moda sebbene abbiano sempre dimostrato di fallire.

Il partito di Giorgia Meloni, al contrario della Lega, ha un punto a favore: il leader donna. Un aspetto non da trascurare se si vuole accentuare il vittimismo che caratterizza la destra italiana. E, infatti, ecco comparire i primi post in cui ci si lamenta del fatto che «Si parla tanto di leadership delle donne e poi si combatte l’unica leader donna» (link). Una strategia che può rivelarsi vincente, soprattutto in questo periodo di attiviste femministe intersezionali e sociolinguiste che sbraitano i loro contenuti pregni di atteggiamenti passivo-aggressivi. Se poi si programma una campagna elettorale a suon di meme e citazioni facili da condividere, be’, la vittoria è (quasi) certa.

Il Partito Democratico

Il “partito dei communisti” (rido) è la sola alternativa allo strapotere di Salvini e Meloni. Tuttavia, la sua comunicazione è fallace non tanto per i contenuti, ma per il tono adottato: invece di usare i social come utile strumento per spiegare le proprie idee, il PD passa il tempo a colpevolizzare l’avversario per la caduta del governo Draghi (link). Il ritornello è sempre «Ehi, hai visto che è colpa degli altri? Vota noi. Noi siamo i buoni».

Amici miei, se volete andare avanti, questo non basta. Volete dimostrare la vostra differenza dai populismi imperanti? Bene, non parlate la loro stessa lingua. State facendo il loro gioco, sappiatelo, e questo non vi aiuterà a portare gli indecisi dalla vostra parte. Se siete davvero diversi, dimostratelo differenziandovi anche e soprattutto a livello comunicativo (e sì che ne avevo già parlato in un vecchio articolo).

Il Movimento 5 Stelle

Non ne dovrei parlare per pietà, ma voglio comunque ricordare che è anche colpa loro se la comunicazione politica è un tale colabrodo.
A partire dall’epoca Grillo/Casaleggio, il Movimento ha sempre infestato Internet e il dibattito pubblico con la colpevolizzazione dell’avversario, cosa che contribuì a farlo entrare in Parlamento nel 2013. Peccato che questo atteggiamento non si sia fermato alla sola comunicazione, ma abbia contribuito a cambiare in peggio le abitudini dei cittadini. Chi credi che abbia contribuito alla diffusione dell’allarmante incapacità di partecipare a una discussione e della violenza verbale tipiche dell’utente medio dei social? Concedimi questa domanda retorica.

Alternativa per l’Italia

Ma quindi, esiste una vera alternativa a questo marasma?
È con dubbio piacere che ti presento Alternativa per l’Italia, lo strano connubio tra Simone di Stefano, ex Casa Pound e ora EXIT, e Mario Adinolfi, colpevole quest’ultimo di aver disonorato l’acronimo PDF con il suo Partito della Famiglia. Cito testualmente la loro pagina Facebook: «Costruiamo un fronte comune contro l’ipotesi Draghi bis o nuovo governo tecnico. No al green pass, all’obbligo vaccinale e al politicamente corretto!».
Devo dire che il punto esclamativo finale è poesia vera. Non serve aggiungere altro, se non una risata che sa di amaro.

Epilogo

In conclusione, non trovo le parole per esprimere il mio disappunto. Anzi, forse sì: quando le idee lasciano il posto alla colpevolizzazione, significa che non si ha nulla da dire. La politica, ovvero la più alta forma di comunicazione e azione, è stata definitivamente buttata in caciara e trasformata in un reazionarismo che non potrà che avere conseguenze nefaste per il Paese.

Sarà una bella estate, questa, come anche no. L’unica cosa che mi auguro, vinca chi vinca, è che la campagna elettorale termini nel momento stesso in cui si conoscerà il risultato. Si può sempre rispettare un avversario pur mantenendolo avversario e facendo seria opposizione, non certo buttando in vacca i principi che dovrebbero aiutare la convivenza civile delle parti politiche e dei cittadini.

Finisco questo mio articolo consapevole che queste mie parole non serviranno a nulla, ma va bene così. Pace.

E.

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