Una breve fuga dal pensiero del pensiero forzato

Penso che avevo un’idea, ma poi questa se n’è andata. Cerco di ripescarla in qualche modo, ma questa non torna. Mi ci metto d’impegno, ma mi ha salutato da un pezzo. Perduta. Svanita.
Penso che non voglio più pensare a nulla. Voglio essere vuoto, privo di spinta ispiratrice, privo di qualsiasi processo mentale in grado di portarmi ad approfondire un dato argomento. Voglio, in effetti, fermarmi alla prima impressione e giudicare senza rendermi conto di farlo. Voglio la semplicità, Cristo…
Vuoi mettere? Sveglia, colazione, viaggio, lavoro noioso, altro viaggio, cena, divano, televisione, letto; e avanti così, ogni giorno uguale al precedente e al successivo, niente di più. Sono disposto a farmi riempire la testa di vaccate più o meno vere, di sport, di scommesse, di record in giochini stupidi, di applicazioni effimere, di aperitivi fatti per dimenticarmi il mio schifo mentre prendo a picconate il confine di caduta nell’alcolismo, di «prova un altro Gratta e Vinci, sarai più fortunato», del vuoto orgoglio legato al luogo di nascita, di frasi che vogliono motivarmi mentre in realtà mi rendono ancora più infelice, di libri fotocopiati a cui si cambia titolo e autore, di recensioni da ristorante stellato nella trattoria di Peppe er Pesciarolo, di sesso reso eccitante solo in mancanza di pornografia, di annuali code chilometriche per acquistare il nuovo smartphone, di piattaforme sempre più interessate ai miei click per fare cassa, di datori di lavoro che mi identificano come un costo, di revisionismi storici fatti di bugie e interessi politici, di pubblicità scintillanti confezionate ad arte analizzando i miei gusti. Voglio pure lamentarmi di questa situazione, dando sempre la colpa agli altri e mai a me stesso, sentendomi esente da ogni responsabilità, sempre vittima nel mio ruolo di pedina insignificante in un teatro mosso da “loro”. E voglio pure mascherare il tutto come opinione personale, immerso nel trappolozzo della libera stronzata in libero pensiero. E voglio che tutti lo sappiano.
Allo stesso modo, penso che voglio fuggire dal pensiero del pensiero forzato. Rifiutare categoricamente la voglia di dire la mia, come se ogni puttanata presente nella mia mente meritasse il diritto di rimanere impressa in sæcula sæculorum. Così insicuro e inadeguato da sentirmi in dovere di ripensare mille e mille volte al potere distruttivo insito in una singola parola.
Com’è che si dice? «Hai proprio il coraggio di dire la tua». Be’, considerato lo scenario presente, bisogna avere il fegato di stare zitti.
E.