La luce come vita. Ovunque.
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Cominciò tutto al tramonto.
Non appena il cielo cominciò a sfumare in giallo e arancione, E. si accorse che non era più ora di indugiare. Scattò una foto. Ne elaborò il testo. Questo sarebbe rimasto in un angolo nascosto del cervello fino al ritorno.

La luce. Ecco cosa l’aveva colpito.




Quando, circondata dal buio, la luce cerca di farsi avanti a forza. Combattiva, tenace. Rompe la piatta oscurità. Evidenzia i contorni. Disegna ed esalta figure, le riflette. Si perde nella storia, dal cielo fino alle viscere della Terra.

Poi i raggi esplodono. Mille frammenti accecanti che rincorrono lo spazio fino a perdersi nell’orizzonte. Un inseguimento senza fine.
Chissà come sarebbe salire su una nave per inseguire la luce, si chiese E., ancora intento a guardare il tramonto. Scansò libro e smartphone. Se ne stette lì ancora un po’, steso sull’asciugamano con la sabbia che gli avvolgeva i piedi. Capitano sognante dal timone immaginario.
Lo sguardo gli cadde su quanti erano intenti a giocare a palla o a godersi l’acqua, incuranti dello spettacolo alle loro spalle. Un ritornello si fa strada nei suoi pensieri:
«Who cares if one more light goes out?
In a sky of a million stars
It flickers, it flickers
[…]
Well I do»
Pensa se questo fosse l’ultimo tramonto. In quanti si fermerebbero per lui?
Probabilmente avverrebbe nella totale indifferenza. Perché la luce non ha bisogno di ringraziamenti o annunci. Offre solo una certezza: che una volta morta, prima o poi, ci delizierà con una nuova alba. L’ennesima, ma non per questo futile.

Vita.
E.
(soundtrack: Linkin Park – One More Light)
Anche l’oscurità è vita.
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Senza dubbio, ma dipende dal soggetto e dall’occhio di chi guarda.
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