Giocattolo

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«Buonanotte, Bobo», sussurravo al mio peluche. Così ogni notte, quando veniva il momento di chiudere gli occhi e aspettare l’arrivo di un nuovo giorno. La testa soffice tra due cuscini, lo coprivo con amore perché non prendesse freddo. Un amico, il migliore di tutti. Una protezione contro i brutti sogni. La prima scelta in una fila di animali di pezza che ogni sera, con occhi imploranti, sperava di entrare nelle mie grazie.
Se ben radicata, l’abitudine è dura a morire. Un bambino non può farne a meno. Calore del conforto.

Ora sono io quello costretto a letto. La testa tra due cuscini. Niente coperte. I polsi che dolgono, fissati come sono alla testa del letto da due paia di manette, ma è anche questo il bello. Una benda mi copre gli occhi. I genitali che spuntano da una mutanda in latex nero.
La sento entrare. I tacchi, due spilli d’ago sul finto parquet, fanno il giro del letto.
Lei si ferma. La cassettiera si apre, fruscio di cuoio sul legno. Due leggeri schiaffetti sui guanti lucidi. Ha preso il frustino: il suo giocattolo preferito. Anche il mio.
«Di’ il mio nome!» Comando attutito dalla gigantesca testa di peluche. Un orsetto. Occhi grandi e sorriso.
«Bobo», sospiro.
«Non ti sento!»
«Bobo!»
SOCK! SOCK!
Un brivido lungo tutto il corpo. Contraggo le dita dei piedi. Il dolce sapore della violenza.
«Di nuovo!»
SOCK! SOCK! Il suo giocattolo preferito. Anche il mio.

E.

(soundtrack: Netta – Toy)

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